In un nodo strozzato di acciaio il ragno gigante di Louise Bourgeois introna l’ingresso, appoggiandosi su zampe puntute come gambe di un compasso.
Enorme, teso e ammaliante nello spazio essenziale di mattoni rossi e travi lignee a vista che Renzo Piano ha fatto “reviviscere” dal tempo e dal sale e dall’acqua della laguna, il Crouching Spider inchioda l’attenzione ed eccita quell’ambiguità simbolica che è l’emblema e la scaturigine stessa della sua potenza espressiva, perché il ragno tesse, cuce e ripara la sua tela in un mirabile disegno, frattale di luce; eppure spaventa e orripila, morde di follia sacra le danze, fila una trappola mortale di fragilità, invisibile e tenace. Infine, è rappresentazione convessa del Femminile, “speculum” e cavità che stana il perturbante.
“Perché sono qui?” – si interroga nel mito Hopi la Donna-Ragno– “Guardati attorno” –le risponde Soutuknang- “Qui c’è la Terra che abbiamo creato. Ha forma e sostanza, direzione e tempo, un inizio e una fine. Ma non c’è vita. Non c’è alcun movimento gioioso, alcun suono allegro. E che cos’è la vita senza suono e senza movimento? Ti è stato dato il potere di aiutarci a creare la vita. Ti sono stati dati conoscenza, saggezza e amore, per benedire tutti gli esseri che crei. Ecco perché sei qui”. “Ecco la tana della tarantola!” – urla invece di orrore Nietzsche –“Qui pende la sua ragnatela. […] Vendetta si annida nella [sua] anima”.
Che sia innocente vittima dell’invidia di Pallade Atena oppure accento colpevole della Superbia (per cui Dante la colloca nel Purgatorio) la figura mitica di Aracne è ammantata di una duplicità intrinseca che la grandezza coraggiosa e larga di Louise Bourgeois sembra raccogliere ed esplorare tutta, proiettando su ipnotiche opere in stoffa appese alle pareti (The fabric works) delle tele di ragno che irretiscono l’occhio in pattern imperfetti, cuciti intorno ad un centro di sapienti cromature geometriche (perché il “il colore è più forte della parola”).
La paura incapsulata nelle tre sfere/ovulo di legno (in Bullet Hole) rinserra e salda in un intero simbolico l’abbraccio orbitale tra amore e morte; lo stesso che sgonfia di luce le vesti floscie di Peaux de Lapin, sgretolandole in sussurri di corpi.
Tessuti di blu estivo e di azzurri marini, di celesti salati, tramonti rosacei e di neri stellati trattengono The waiting hours in rammendi sereni, mentre la bocca di Alda Merini si posa sugli occhi di Louise Bourgeois:
“Amai teneramente dei dolcissimi amanti/ Senza che essi sapessero mai nulla./ E su questi intessei tele di ragno/ E fui preda della mia stessa materia”.
luglio 2010
Louise Bourgeois e Emilio Vedova. The fabric works
Adesso capisco il perchè del 30+++ che nominava Angelo…bravissima! Ti osserverò “fantasmaticamente” 😉