Archivio mensile:agosto 2013

Nati nella cipria | Nuovi teatri a Bassano

Marta Dalla ViaIl Premio Scenario 2013 è stato attribuito ai bravi, bravissimi Fratelli Dalla Via  per Mio figlio era come un padre per me. Lui e lei, attori, sceneggiatori e ideatori di uno spettacolo raggelante eppure lieve, perché pieno di ritmo e intelligenza, cadenzato in un dialettismo semplice e naturale, che spreme acido la propria terra, il Veneto, restituendo l’affresco sgangherato di una generazione allo sbando, spolpata di sogni e di futuro. Il testo (finalmente un testo!) è frutto di quella mescolanza di riferimenti colti e popolari che -siamo sicuri- sarebbe stata tanto cara a Pasolini. Una caustica, asciutta ironia si piega a battute-spot già in voga, già sentite, già seppellite. Lapidario il messaggio, in un dialogo serrato tra due fratelli (anche sulla scena) che progettano il suicidio per far dispetto ai propri genitori: “niente armi, niente sangue. Un omicidio due punto zero”. “Nati nella cipria”, figli di ex-polentoni che ora cucinano solo polenta istantanea e che lavorano per lavorare, e che a far pavimenti tengon sempre i piedi per terra, meditano la propria ribellione alla plumbea immobilità ereditata quando però è ormai già troppo tardi: i genitori, si sono suicidati per primi. E allora, allora gli toccherà “di seppellirli […] vestirli […] rispettare le ultime volontà di due cadaveri”.

La Giuria scrive nella motivazione di “cupa parabola sul conflitto generazionale […] in cui il senso di colpa pare innescare un processo autodistruttivo che lascia poche vie di fuga”. E pare che il quadro scenico riesca a contenere egregiamente qualsiasi fuoriuscita di longevità omicida, suggerendo un nuovo scenario, dove i figli sopravvissuti ai padri chiedono di diventare migliori.

Si lascia perdonare il decisamente non riuscito spettacolo di Costa & Garaffoni, che nonostante il talento vocale (delle attrici) e quello plastico visivo degli autori non sembrano aver saputo costruire emozione e azione, troppo preoccupati del risultato (estetico) e senza alcun coraggio drammaturgico. Lo slancio (fisico) non sembra mancare affatto invece all’Alice disambientata di Ilaria Dalle Donne, che però dimentica la parola, resuscitata in un toccante canto.

Convince invece Valerio Moroni con il suo L’uomo nel diluvio che nello spazio suggestivo della Chiesa di San Bonaventura invita a salire nell’Arca /vasca da bagno per salvarsi dal diluvio. Buona presenza scenica, buono lo spettacolo, soprattutto quando il monologo diventa protagonista sul gesto. Noè sicuramente lo avrebbe voluto con sé.

B Motion Teatro | Operaestate Festival 2013

Teatro Remondini, Bassano del Grappa- 28 Agosto 2013

Mio figlio era come un padre per me

di e con Marta Dalla Via e Diego Dalla Via; aiuto regia Veronica Schiavone; partitura fisica Annalisa Ferlini; scene Diego Dalla Via; costumi Marta Dalla Via

Quello che di più grande l’uomo ha realizzato sulla Terra di Costa e Garffoni

Alice Disambientata di e con Ilaria Dalle Donne

L’uomo nel diluvio di e con Valerio Moroni

http://www.operaestate.it/evento/mio-figlio-era-come-un-padre-per-me/

http://www.operaestate.it/evento/quello-che-di-piu-grande-luomo-ha-realizzato-sulla-terra/

http://www.operaestate.it/evento/alice-disambientata/

http://www.operaestate.it/evento/uomoneldiluvio/

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I am a passenger- 28 agosto

20130829_192649Bassano del Grappa – B Motion Teatro-Operaestate Festival

Non è solo il mistico titolo rock di una canzone di Iggy Pop. È anche il titolo di una passeggiata molto speciale. Una camminata sensoriale all’aperto, lungo le strade del centro storico, ancora bagnate e lustre di pioggia. Si parte dal cuore della Città. Piedi, mani, naso, orecchie: ogni organo di senso quando gli occhi sono bendati risulta ingigantito. Il tatto esplora improvvisamente le pieghe ruvide di oggetti noti diventati sconosciuti. E simultaneamente si lascia accarezzare dall’aria e dai rumori dell’ambiente, fino a prima sommersi. Le voci della strada tamburellano sulla pelle, filtrando nelle note della musica . L’udito si ribella alla superficie e la profondità dei suoni si amplifica enormemente, captando come un sonar onde abissali. Il terzo occhio spunta inaspettato sulla schiena, sulle ginocchia, sul dorso delle mani, permettendo di vedere col corpo porosità, morbidezze, spigoli prima ciechi.

I performer scelgono uno spettatore, e lo incontrano con una tale intensità di sguardi da far venire le vertigini. Mentre si consuma questo delicato laboratorio tattile degno del miglior Bruno Munari, il paesaggio sonoro della Città emerge soffice e nuovo. Poi gli occhi tornano a vedere e alla musica subentra la voce di persone straniere che raccontano in cuffia come vedono la città. La passeggiata ha inizio e per mano, come bambini, gli spett-attori camminano piano da Piazza Libertà con destinazione il Teatro Remondini. Durante il viaggio immenso e gentile, gambe attente e mani vigili ascoltano voci con forte accento straniero. Il cinguettio registrato di sottofondo rassicura e in uno shock sinestetico l’occhio afferra al volo delle rondini che volano (per davvero) sotto un porticato. Il Ponte Vecchio diventa un immenso passaggio tra due mondi, mentre una buca delle lettere anonima appesa ad un muro assurge a luogo della memoria, quando una voce con inflessioni dell’Est racconta che scrivere lettere è il modo che preferisce per passare il tempo, perché pensa ai suoi cari. I cortocircuiti innescati dalle voci narranti e dal percorso urbano svegliano significati nuovi. L’intersezione di suoni, odori, profumi, profondità tattili sollevano un piacevole delicato spaesato stordimento percettivo. Se al buio è il tatto il senso dominate, all’aria gli occhi tornati liberi sentono diversamente odori e rumori. Questa passeggiata lenta, curiosa, meravigliata culmina serena nell’arrivo al prato dietro al teatro, trasfigurato in bellissimo, audace Paradiso.

Julie Nioche -27 agosto

julie niocheBassano del Grappa- B Motion Teatro- Operaestate Festival

Pesi e contrappesi penzolano dal soffitto in un complicato intreccio di fili. Una lunga luce al neon taglia di netto il buio. Il suono di una chitarra suonata dal vivo accompagna la grazia adulta di della performer mentre si apparecchia a burattino, agganciandosi a cavi e funi, pronta per farsi sollevare. Sorpresa. Sarà lei (e non un “deus ex macchina”) ad arrampicarsi in alto, con la sola forza muscolare aiutata dal gioco della gravità appesa e sospesa dei piccoli carichi metallici grondanti a terra. Ad ogni movimento del suo corpo corrisponde una caduta, più o meno rapida, dei pesi. L’arrampicata aerea appesa a sei cavi che le assicurano polsi caviglie e anche la tengono costretta in linee di forza evidenziate dai cavi, che spingono in alto, che spingono in basso. Chi muove chi? Grazie ai pesi, Julie riesce a salire in aria, a sollevarsi da terra, mentre il rumore dei cavi che scorrono , insieme a quello dei pesi che improvvisamente precipitano al suolo accompagnano la sua salita. Lei a tratti si ferma molle a riposare, sdraiata come un’odalisca eterea in mezzo ad una scena spoglia. L’oscillazione delicata del suo corpo produce scoppiettii gravitazionali, un saliscendi di pesi. Disarticolato, il corpo trova una forza quasi drammatica nel salire, contesa dalle zavorre. L’idea concettuale di illustrare la meccanica della gravità funziona a tratti, soprattutto quando, finalmente, anche la musica della chitarra si decide ad emergere, e si inserisce nei movimenti per aiutarli a trasmettere non solo la spiegazione del paradosso gravitazionale ma anche l’emozione.

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