14 Settembre 2013, Jodice Canova, Bassano Fotografia. Libere Interpretazioni, Museo Civico di Bassano del Grappa
dal 15 Settembre 2013 al 19 Gennaio 2014
di Anna Trevisan
Che succede se a ri-vedere per noi le sculture di Canova sono gli occhi speciali e vivissimi di Mimmo Jodice, uno tra i più grandi fotografi internazionali viventi? Succede la meraviglia. O, come più prosaicamente ha detto Maria Pia Morelli, dell’Istituto di Ricerca per gli Studi su Canova e il Neoclassicismo, succede che “l’Arte sposa l’Arte”. In effetti, a guardare le fotografie a grandezza naturale (scala 1:1) delle sculture di Canova si resta sbalorditi. Perché si rivive l’emozione in differita di una sapienza e di una maestria che ci viene restituita tutta, in un calibrato bianco e nero, fatto di tagli e di dettagli, dove la luce del marmo avviluppa e informa il buio in un piacere straordinario, che fa trasalire per quella congruità fedele al corpo umano: le stesse porosità impercettibili della pelle stesa nella fatica del gesto, la stessa languida rilassata morbidezza del femminile. Jodice inquadra le sculture canoviane come finora non le avevamo mai pensate. Ci invita ad indugiare su particolari che non avevamo ancora sperimentato, che non avevamo ancora osato.
I suoi primissimi piani con grazia estrema si concentrano sulle natiche e sui seni delle Tre Grazie; si posano sulle mani di Amore e Psyche che trattengono fragili una farfalla e su quel loro intrecciato abbraccio; si interrogano sulla schiena in torsione di Orfeo e il suo palmo aperto, così drammaticamente espressivo. Jodice ci invita di continuo al gioco, scegliendo di non svelare mai con didascalie a chi corrisponda quel ventre appena velato dal panneggio, quel volto dallo sguardo così moderno da far pensare alla Madonna di Annigoni, quei ritratti maschili così severi, quelle natiche muscolose e la mano che contiene la mela del giudizio. Della Maddalena penitente ci mostra la schiena affranta, che quasi trasfigura il Canova in Michelangelo. Con il montaggio dei quadri fotografici, giustapposti uno all’altro oppure isolati, recupera una narrazione interrotta e invita a riguardare, a ripensare con un’intensità attenta. Il marmo di Canova respira attraverso i suoi occhi e noi entriamo immensi in questo linguaggio senza parole. Perché “le mie parole sono esposte”, ha detto Jodice durante l’inaugurazione della mostra. E mentre lo diceva, invitava a guardare intorno a lui, con i suoi occhi, Canova.
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