16 marzo 2014, CSC Garage Nardini, All dressed up with nowhere to go – Sharing di fine residenza di Giorgia Nardin con Marco D’Agostin e Sara Leghissa, musica di LSKA
di Anna Trevisan
Di Hieronymous Bosch, espunto il mostruoso, resta il fantastico. Così la coreografa Giorgia Nardin rielabora in danza le visioni del grande artista fiammingo, che trascolorano in rivisitazioni di corpi nient’affatto dannati, nient’affatto infernali. Una carne senza carnalità, disinibita e libera, senza ansia né peccato. Un biancore lucente che fa pensare più alla prima tavola del trittico Il Giardino delle delizie – dove Adamo ed Eva incontrano un Gesù che per l’occasione si fa Signore e li spinge a visitare la terra – piuttosto che all’Inferno livido e orripilato dei dannati. È la cifra dell’incanto ad irrorare i corpi dei performers, in un controluce invisibile sulla tavola di Bosch con le sue fughe di verdi e di frutti prelibati e faune al limite dell’onirico. Delle figure umane più note e tormentate di Bosch, quelle illuminate da illusioni luciferine e sorprese in pose bestiali, nella performance resta solo la loro stilizzazione in incastri di corpi che si adagiano uno sull’altro come granchi seduti al sole e si stendono uno sopra l’altro come sofà tranquilli.
Su una gamba sola, abbottonatissimi fino al collo, sotto a camicie che sono di un grigio-verde come le tele sfinite di attesa in Edward Hopper, con gesti silenziosi e rituali di chi conosce a memoria le azioni da compiere, i danzatori iniziano con la ripetizione di piccoli movimenti: mani sui fianchi, mano sui capelli, braccia conserte, mano sul mento e daccapo mani sui fianchi, mano sui capelli, braccia conserte, mano sul mento. Poi, la naturalezza viva dei corpi prende il sopravvento sul segno e diventa disegno. La loro pelle nuda eletta a superficie trasforma la ripetizione in liberazione. E i quadri visuali che lasciano sentire l’eco fresco e felice del Paradiso di Bosch ci incantano e ci commuovono. Tenero, dolcissimo, lieve.