Dov’è la danza? Chiede dal soffitto la goccia d’acqua che cade. In un silenzio perfetto schiocca sulla tavola imbandita e produce un suono lento, che si allarga in un cerchio sonoro.
Intorno al tavolo persone in carne e ossa conversano amabilmente. Quando mangiano, i rumori amplificati dei loro morsi, dei loro sorsi, dei loro movimenti scoppiano in un’orgia di suoni che inquieta la visione di una cena prima perfetta. Macro immagini di verdura e di frutta sulla tavola vengono proiettate sullo schermo, trasformando il cibo in racconto, i gesti in narrazioni. Le slabbrature di un fungo, il turgore di una fragola, il rumore del cibo masticato tra i denti animano un gigantesco Universo di Verde, una realtà aumentata dove suoni amplificati e immagini macro sgranano nuovi contenuti, evocando trascorsi primordiali e divorando futuri possibili.
Le voci umane vengono inghiottite in una bolla, sonora e visuale, dentro ad un bicchier d’acqua. L’inquadratura macro del bicchiere sbugiarda la purezza e rivela i germi che nuotano dentro, formicolanti e vivi. Ogni cosa organica è abitata dalla trasformazione, pullula di microuniversi. Ogni cosa contiene un universo di significati. Così, il coltello da cucina che affetta i pomodori apre all’ossimoro di una crudeltà vegetale: un massacro di polpa rossa e innocente. La ripresa della bocca che ingurgita un pezzetto di ananas descrive una voracità laida, quasi belluina.
L’inquadratura della tavola racconta dei resti di una natura morta caravaggesca, spolpata dal ronzio delle mosche. Frammenti di discorsi umani agitano profezie di un futuro incombente, sollevando paesaggi emozionali degni della Melancholia di Lars Von Trier. “I have something to tell you. But I can’t”, ripete ambiguamente una delle convitate mentre una primordiale foresta di foglie di ananas, uva viola e melanzana soccombe sotto mani che strappano, spezzano, schiacciano, spappolano tutto quello che toccano per ingoiarlo. I rami superstiti della salvia resistono vicino alla boscaglia di cespugli e capelli. Il viso di una delle convitate appare come una Primavera che, indecisa tra Botticelli e Arcimboldo, si sfalda in meretrice. Tutti vediamo il Sole in un’arancia; l’oceano in un bicchiere d’acqua; i germi diventare alghe abissali, e il disfacimento che consuma di muffa i cetrioli e ammazza l’uva passa sul pane. Fino a quando, uno sfiato di latte esce dalla bocca come una medusa nel mare, diventando lirico elogio alla Natura, finalmente restituita a se stessa.
Una Terra che danza. Senza l’Uomo.
Anna Trevisan
Operaestate Festival Veneto
Teatro Remondini, Bassano del Grappa – 24 Agosto 2014
Deep Dish di Chris Haring/Liquid Loft; direzione artistica e coreografia di Chris Haring; danzatori Luke Baio, Stephanie Cumming, Katharina Meves, Anna Maria Nowak; set consulting e sculture organiche di Michel Blazy; sound design e composizioni di Andreas Berger; luci, stage design e drammaturgia di Thomas Jelinek
http://www.operaestate.it/evento/deep-dish/