Edipo a Colono. Il Re randagio di Andrei Konchalovsky

edipo-colono-teatro-olimpicoChi è Edipo? Un reietto, un bandito, un irregolare che arriva clandestinamente a Colono, ormai ridotto a barbone. Un vecchio sporco e randagio, che spinge un carrello della spesa stracolmo di puzzolenti stracci. La figlia Antigone è una straniera in jeans, che parla in italiano con uno spiccato accento russo e che denuncia con angoscia la propria disperazione.

In un’atmosfera post-apocalittica, scarnificata, che evoca inferi suburbi metropolitani, il Coro è un gruppo di monatti post-moderni con il volto mascherato, e i soldati di Creonte sono mercenari che indossano maschere antigas.

Borders

La desolazione, l’abiezione e la miseria sono le ascisse e le ordinate di questo spettacolo sgrammaticato e in rivolta, che dipinge su Creonte la maschera cinematografica di Joker, e fa di Teseo un pingue e ambiguo politicante, affaccendato a negoziare con Edipo i “vantaggi” che la città di Atene potrebbe ricavarne ad ospitarlo. Nessuna tragedia sopravvive al cinismo dell’interesse. Nessun sentimento. Le emozioni sono nascoste sotto la crosta di cartone che Edipo e Antigone usano come giaciglio. L’unica vena emotiva manifesta è quella della rabbia mista al disprezzo. La mistificazione sistematica delle parole, l’impoverimento radicale del loro senso, lo svuotamento delle intenzioni  restituiscono una “Terra desolata”, una no-men’s land contemporanea. Il Bosco sacro sofocleo diventa spoglio confine da valicare, confine da cui scappare, confine su cui sostare.

Il congedo della Giustizia dalla Parola

La pianta d’ulivo, il croco e i narcisi della “candida Colono” vengono sostituiti da lattine di birra, tabacco da rollare, bicchieri large-size di MCDonald usati da Edipo per chiedere l’elemosina. La scollatura tra la Parola e la Giustizia, nell’interpretazione che ne dà Konchalovsky, sembra profonda e ormai insanabile. Creonte parla con la maschera dell’eloquenza più pericolosa, perché orientata a velare con la cortesia umettata di affettazione la minaccia di ritorsione. Creonte, infatti, è “capace [….] di trarre da ogni argomento un’astuta parvenza di onestà”,  e fa ad Edipo una proposta “buona a parole ma cattiva in realtà”.  Ma anche le parole di Teseo, che nel testo di Sofocle sembrano ancora potere e voler proteggere il Sacro, in Konchalovsky diventano pura funzione, trattativa commerciale, mero e vantaggioso scambio.

No-Men’s Land

Una delle scene forse più forti e teatralmente riuscite dello spettacolo è quella in cui Antigone viene rapita dai soldati di Creonte. Una luce stroboscopica congela frammenti dell’azione, che assomiglia più all’irruzione contemporanea di una squadraccia di Alba dorata in un campo profughi  o alle scene di scontri con la polizia nella Grecia di oggi che a quella di opliti dell’Antichità. Il ritmo delle percussioni, la luce acida e fredda, la violenza del rapimento non lasciano nessuno scampo al disincanto, armato dalla Tecnica.

Cecità

Perfino la cecità di Edipo non ha nulla di sacro, ma è anonima e svilita a handicap da nascondere sotto comuni occhiali scuri. Antigone restituita al padre non è un’illibata eroina tragica, ma una donna che ha subito l’insulto dell’aggressione e della violenza. La tragedia è annientata dall’ambiguità delle ragioni, e così la chiarezza dell’antitesi scompare. Non siamo più sicuri che i soldati di Teseo abbiano effettivamente protetto la bella Antigone senza approfittarne loro per primi. Non siamo più sicuri che Teseo custodirà il segreto della morte di Edipo, osservando la consegna del silenzio. Infatti Konchalovsky sceglie di non rappresentare il dialogo tra Teseo ed Edipo, forse il più enigmatico del testo, ed espunge anche le parole del Nunzio, lasciando invece ad Antigone la sintesi. Non sappiamo più, quindi, se credere oppure dubitare dello stesso Teseo. Il dubbio ci fa trasformare la domanda chiave “Come è morto Edipo?” in “Chi ha ucciso Edipo”?

Il Corpo di Edipo

Il colpo di tosse che scuote l’ottima Julia Vysotskaya/Antigone quando ancora indossa i panni della tradizione, sembra scuotere anche ogni residuo del Sacro, senza il quale nessuna tragedia è possibile.

“Vengo a darti in dono il mio misero corpo, non certo apprezzabile a vedersi, ma i suoi vantaggi valgono più di un bell’aspetto” dice Edipo a Teseo. In effetti, il corpo e l’umanità di Edipo, corrotti dalla vecchiaia e dalla prostrazione, ci sono restituiti tutti. In scena non c’è l’Aura. In scena non c’è l’alone misterioso e misterico che Sofocle ci lasciava intuire ma solo un uomo in carne e ossa che, mostrandoci la propria ributtante povertà, ha spogliato la tragedia del Mito, lasciandole indosso la verità cruda del contemporaneo, dove nessuno più sa vedere e sentire, troppo incapace com’è di distinguere la differenza tra povertà e miseria.

Anna Trevisan

 

Teatro Olimpico di Vicenza, 17-18 Ottobre 2014

Edipo a Colono. Il Re Randagio

da Sofocle; adattamento e regia Andrei Konchalovsky, traduzione di Andrea Rodighiero; interpreti e personaggi Antigone/Julia Vysotskaya; Edipo/Federico Vanni; Polinice/Antoni Gargiulo; Creonte/Giuseppe Bisogno; Teseo/Simone Toffanin; Coro/Ramune Chodorkaite; Andrei Abeltsev, Ivan Tovmasyan, Roman Andreikin, Antonio Gargiulo, Giuseppe Bisogno; musica Serhei Prokofiev; pianista Elena Fedotova; percussionista Luca Nardon

http://www.tcvi.it/it/eventi/2014-2015/67-ciclo/428/edipo-a-colono

http://konchalovsky.ru/

 

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