
Purgatorio, Babilonia Teatri. Foto di Eleonora Cavallo
Il Paradiso può attendere. In fila, allineati come soldati, come combattenti, con un sacco da box sopra la testa. I corpi seminudi degli attori si danno in pasto allo sguardo del pubblico e raccontano da soli, anche restando fermi in silenzio, intere gesta, che sanno di clangore di armi e di caduta, di resistenza e di lotta. Sono corpi-carcere, umiliati e offesi dal desiderio di normalità. Sono corpi di persone, pieni di emozioni e di pensieri. E quest’interiorità traboccante e piena sgorga a catinelle, con una levità magistrale e acuta, che accompagna il pubblico in scene di grande controllo formale e di riuscito effetto drammatico: intervalli colorati di risate, di commozione, di tenerezza.
È un canto, in fondo, questo spettacolo. Un canto pieno di amore e di dolcezza, pieno di ironia e di dolore. Un canto dove la parola di Dante è illustrata e mai proferita, e il senso profondo e ultimo del purgatorio viene scandagliato e sgranato con disarmante semplicità, attraverso scene essenziali, quasi minimali, commentate da un uso sapiente della luce e da magistrali controluce, sillabate da canzoni pop e rock. Come i pittori medioevali facevano nelle Chiese per spiegare ai poveri l’Abc della Bibbia, così Babilonia Teatri con questo spettacolo dipinge grandi affreschi, per spiegare al pubblico l’alfabeto del dolore e della compassione.
Le parole in libertà degli attori si intrecciano tra loro, con increspature di comicità e di tristezza, in dialoghi dal tessuto poetico e assorto: “Io vorrei essere un meteorite e far tremare la terra”; “Io vorrei prendere tutti gli sputi al volo”; “Io vorrei un piccolo scheletro di ricambio”; “Io vorrei essere Rocky”.
Un punto interrogativo si accende insieme alle luci rosse di scena che infiammano in controluce il palco. Le loro silhouette in movimento mimano i pugni spettacolari del cinema hollywoodiano e ci servono il dubbio che forse, i veri eroi non sono quelli di cellulosa ma quelli sul palco.
Tra le scene più toccanti dello spettacolo c’è quella in cui una delle attrici cuce gli occhi agli altri, con un filo immaginario e invisibile, e con una cura e un’attenzione quasi amorosa. E così, questa scena cruda e buia si trasforma in un bagliore di tenerezza e di grazia, come se quel gesto puntuale e crudele fosse in fondo un modo per difendere e difendersi dalla sofferenza inflitta dallo sguardo dell’altro.
Anna Trevisan
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Purgatorio | Centorizzonti 2017, 11 febbraio, Teatro Duse di Asolo regia di Enrico Castellani e Valeria Raimondi - Babilonia Teatri con Enrico Castellani e Daniele Balocchi, Maria Balzarelli, Chiara Bersani, Carlo Trolli, Paolo Terenziani produzione Babilonia Teatri un progetto di Babilonia Teatri e ZeroFavole collaborazione artistica Stefano Masotti, Sara Brambati con il sostegno della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia con il contributo di Fondazione Alta Mane Italia (AMI) e Fondazione Manodori produttore esecutivo La Piccionaia S.C.S. organizzazione Alice Castellani scene Babilonia Teatri luci e audio Babilonia Teatri / Luca Scotton costumi Franca Piccoli foto Eleonora Cavallo immagine locandina Andrea Avezzù residenza artistica La Corte Ospitale di Rubiera,La Biennale Teatro di Venezia produzione 2016