Danzare il silenzio | Ingrid Berger Myhre e Lasse Passage Nøsted

 

FONTANA

È un’oscillazione continua tra geometria della forma e fluidità del contenuto, tra suono artificiale e naturalezza del gesto, nel silenzio, tra il pulsare di un minimalismo musicale e coreutico e il distendersi di una narrazione immaginifica lo spettacolo della coreografa Ingrid Berger Myhre e del musicista Lasse Passage Nøsted.

“We are at the very beginning of the process” – puntualizza Ingrid con quei suoi occhi nordici di gatto, allungati e selvatici. Eppure, questi appunti sparsi assumono un’interezza di senso e di struttura che sorprendono, congedando gli autori dalle proprie intenzioni e sgranando al pubblico un umorismo impensato, come confesseranno nell’incontro a fine serata.

Il rumore emesso da un foglio di carta blu e da un foglio di carta verde, strofinati ritmicamente sulla superficie di un tavolo, costruisce immediatamente una frase sonora e drammaturgica. Lo strusciare del gesto e del suono prodotto dai due performer crea subito una cornice. Quello strofinio lento e poi veloce, con pause e variazione di intensità, dal pianissimo al forte; quel ripetersi cadenzato del movimento e del suono regalano allo sguardo la possibilità di immaginare chi sono quelle due persone in scena, che si ostinano a pulire il tavolo, in silenzio. Forse sono una coppia in crisi, che lava il proprio malumore, o forse due ladri, che clandestinamente puliscono le tracce dei loro misfatti o, forse, due muratori che spalmano la malta sui mattoni per costruire una casa.

Quei colorati fogli di carta, da amplificatori di un dialogo del quale non conosciamo le parole ma che immaginiamo presto si trasformano, piegati dalle mani pazienti dei performer, e diventano un oggetto nuovo: un aereoplanino che, ad occhi chiusi lanciano in aria, ognuno con una qualità e un’intenzione del gesto diversa. Lei lo lancia leggera e fluida, lui con uno schianto del gesto.

Un cambio di scena annuncia un nuovo quadro, una nuova scena, un nuovo frammento compositivo. Lui entra in scena con in braccio una chitarra, che striglia con finta inesperienza. Poi si accomoda su una sedia collocata proprio davanti al pubblico e inizia a cantare il refrain “I wonna take you home”, con una voce sublime e celestiale, che ci lascia stupefatti. Lei danza dietro di lui, nello spazio vuoto del garage. Poi la scena viene riproposta ma invertendo la prossemica: ora è lei che danza davanti a noi, e in secondo piano, lui canta, seduto sulla sedia. Questa semplice inversione nell’uso degli spazi ci fa accorgere del modo in cui si trasforma anche la nostra percezione del suono e del movimento, di come dare precedenza alla visione di qualcosa oppure la precedenza al suo ascolto determini una diversa fruizione del senso, e della struttura. E poi, di nuovo, assistiamo ad un’ennesima variazione della scena, con (umoristici) scambi di ruoli. L’esplorazione del significato attraverso la ripetizione si consuma in direttrici e direzioni eccentriche e sempre formalmente eleganti.

Altro cambio di scena, altro quadro. Seduti sul tavolo si profondono nella lettura sincrona di alcune parole, in un non-sense perfetto e musicale, che declinano in tutti i modi possibili, da variazioni di ritmo e di velocità, a variazioni nella sillabazione e nella pronuncia, perfino nella melodia, dove “Fish and chips” diventa ben presto molto più di un’oleosa e celebrata pietanza, prendendo le forme di pesci fantastici e patatine gigantesche, algida fauna ittica e tuberi commestibili, dialogo amoroso tra alghe marine, discorso interrotto tra innamorati in carne e ossa.

Infine entra il suono sintetico di un bip che trasforma lei, suo malgrado, da ninfa silvana a segretaria d’ufficio, da nota naturale ad artificio del femminile. Eccoci a sperimentare come una diversa natura della sorgente sonora sollecita un diverso immaginario e genera una divaricazione del senso. Così il ghiaccio e lo spazio che circondano la sua danza, accanto alla presenza terrosa di lui scompaiono per diventare silhouette di cartoon, attori di una gag, flebili avatar di un video-game.

Ci aspettavamo prove di spettacolo, invece abbiamo assistito ad una magistrale lezione, sulla musica e sulla sua danza.

Anna Trevisan

CSC-Garage Nardini, 8 giugno 2018
Sharing: Panflutes and Paperwork
Ideazione e perfomance: Ingrid Berger Myhre e Lasse Passage Nøsted
Sostenuto da: Arts Council Norway
Co-produzione: Dansateliers Rotterdam, Black Box Teater, CSC Bassano Del Grappa
Con il supporto di: P.A.R.T.S., Rimi/Imir Senter for Scenekunst, Moving Futures Festival, WP Zimmer

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