Lunedì 3 settembre, Lido di Venezia |Camorra è un documentario di montaggio, basato principalmente sulle inchieste televisive di Jo Marrazzo, che ricostruisce la mutazione della organizzazione criminale campana fra gli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso. Un’organizzazione marginale, sottomessa a siciliani e marsigliesi che, in pochi anni, si tramuta in un potentissimo centro di potere economico e politico. Sotto la guida di Raffaele Cutolo la galassia delle bande di quartiere passa dal contrabbando di sigarette per conto della mafia al controllo della ricostruzione dopo il terremoto del 1980, fino a giungere alla genuflessione ai suoi piedi degli organi dello stato, che fanno per Cirillo rapito dalle BR quello avevano rifiutato di fare per Moro. Il commento alle immagini del meridionalista Isaia Sales chiarisce le radici sociali del fenomeno, di come un popolo ridotto da secoli a plebe abbia trovato nella Nuova Camorra Organizzata di Cutolo un’agenzia sociale per gli esclusi, un organo politico e un’erogatrice di clientele per chi non ha niente. Poi la guerra fra i clan, quasi 500 morti in un anno. Da vedere. Eppure quelli erano i miei felici vent’anni, quando nelle notti d’estate, dalle finestre aperte, giungeva il rombo dei motoscafi del contrabbando in corsa lungo la costa di Posillipo. E poi… E poi sarebbe il caso di trovare una spiegazione di come in tale sfacelo socio-politico nascesse il meglio della musica e del teatro italiani per gli anni a venire, di come dal teatro sorgesse gran parte dell’odierno cinema italiano decente (Martone, Servillo, Sorrentino, Capuano e gli altri). E poi nell’arte c’era Lucio Amelio che accoglieva Warhol e Beuys, lo Studio Trisorio con le performance orgiastiche di Nitsch, Vincent D’Arista e la Galleria Inesistente… Vengono in mente le considerazioni del personaggio di Orson Welles nel Terzo Uomo: in trent’anni in Italia, con i Borgia, hanno avuto guerre e massacri e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo e il Rinascimento; in Svizzera in 500 anni di pace e democrazia hanno creato gli orologi a cucù.
S.M.
CAMORRA Regia:Francesco Patierno Produzione: Todos Contentos y yo Tambien, Rai Cinema, Teche Rai Durata: 70’ Lingua: italiano, dialetto napoletano Paesi: Italia Sceneggiatura: Francesco Patierno Montaggio: Maria Fantastica Valmori Musica:Meg Suono: Matteo Bendinelli
Letter to a friend in Gaza| Il cortometraggio Lettera a un amico a Gaza di Amos Gitai ci porta senza mediazioni al cuore di una violenza attuale e, al tempo stesso, decennale. Un taglio teatrale, attori e poeti che leggono testi in arabo ed ebraico e svelano la devastazione morale che la guerra senza fine produce anche nel vincitore pro tempore. Sono duri e illuminanti, in particolare, i testi di Amina Hass (che può essere letta nelle pagine di Internazionale), una giornalista israeliana che vive e lavora nella striscia di Gaza. Ascoltiamo agghiaccianti giustificazioni della politica israeliana raccolte fra militi e civili: “Abbiamo obbedito agli ordini”, “I palestinesi sono un popolo inferiore”. I figli delle vittime sulla strada degli aguzzini. Dell’inutilità della memoria storica.
Il lungometraggio dello stesso autore Un tram a Gerusalemme è invece una noiosa delusione e il vostro Mostro, dopo un po’, è scappato dalla sala, cosa che non fa quasi mai e di cui si vergogna. Brevi sketch messi in scena su un tram, verbosi monologhi in più lingue costretti in una idea di film degna di un liceale. Poi recitava in italiano, nella parte di un prete, Pippo Del Bono che, confesso, non reggo proprio. Pare che il regista si sia ispirato ai codici delle situation comedies. Non ne aveva il ritmo e si sentiva la mancanza delle risate registrate.
S.M.
LETTER TO A FRIEND IN GAZA Regia: Amos Gitai Produzione: Agav Films (Shuki Fridman, Laurent Truchot) Durata: 34’ Lingua: ebraico, arabo, francese, italiano, yiddish, tedesco, ladino Paesi: Israele Interpreti: Makram Khoury, Clara Khoury, Hilla Vidor, Amos Gitai Sceneggiatura: Amos Gitai, Makram Khoury Fotografia: Oded Kirma Montaggio: Yuval Orr Musica:Alex Claude Suono: Yaniv Levy
El Pepe, una vida suprema | Torna la Storia nel documentario di Kusturica El Pepe, una vida suprema, una lunga intervista al tupamaro Pepe Mujca divenuto nel 2002 Presidente dell’Uruguay. Lo abbiamo conosciuto ieri quale personaggio di Una notte di 12 anni, dodici anni di isolamento sensoriale e di torture che lo spinsero sul bordo della follia. E ritroviamo il compañero presidente in Sala Grande, osannato dal pubblico e salutato da tanti pugni chiusi agitati su teste canute. L’intervista comincia il giorno della fine del mandato presidenziale, segue il suo ritorno alla coltivazione dei fiori in una misera fattoria che, del resto, non aveva mai lasciato mentre era in carica. Abbiamo visto come dalla prigionia era emerso assieme a un fiore coltivato in un vaso. Sono importanti le considerazioni di Mujca sugli effetti della prigionia, l’aver compreso che l’avidità è la dannazione di ogni politica e che il danaro deve essere un mezzo e non un fine. Una posizione vicina a quella di Papa Bergoglio che però si accompagna a modelli di sviluppo mondiale poco green, prometeici, stalinisti, futuristi: creare mari artificiali nel Sahara e in Siberia… Aleggia su questo bel ritratto di un moderno Coriolano lo spirito di Costa Gavras, già evocato nelle note sul film di finzione che lo vedeva protagonista. L’intervista è infatti inframezzata da brani de L’Amerikano, la pellicola in bianco e nero di denuncia del ruolo di sostegno degli Stati Uniti alla dittatura uruguaiana e alle altre del subcontinente.
S.M.
EL PEPE, UNA VIDA SUPREMA Regia: Emir Kusturica Produzione: K S Films (Hugo Sigman, Matias Mosteirin, Leticia Cristi), Andres Copelmayer, Julian Kanarek, Marcelo Carrasco, Oriental Films Durata: 74’ Lingua: spagnolo Paesi: Argentina, Uruguay, Serbia Interpreti: Pepe Mujica Fotografia: Leo Hermo Montaggio: Svetolik Mića Zajc Suono: Bruno Tarrière Effetti speciali: VFX BOAT
La profezia dell’armadillo | E infine relax con La profezia dell’armadillo basata sulla fortunatissima graphic novel di Zero Calcare. Il film riesce a sfuggire ai rischi di raccontare una storia che nasce già in immagini che, però, nulla condividono con le ombre cinematografiche. Ben scritto, ben girato e recitato, il film diverte e sfugge agli stereotipi relativi ai “ggiovani”, evita il patetico e coglie autentici modi di sentire, vivere, pensare. Qualche sana iniezione di morettismo sostiene il lavoro. Ad Adriano Panatta è stato assegnato un breve monologo che, cambiando il tennis con la pallanuoto, pare venire da Palombella rossa. Pare sia stato scritto da Domenico Procacci, produttore anche degli ultimi film di Moretti.
S.M.
LA PROFEZIA DELL’ARMADILLO Regia: Emanuele Scaringi Produzione: Fandango (Domenico Procacci), Rai Cinema (Paolo del Brocco) Durata: 99’ Lingua: italiano Paesi: Italia Interpreti: Simone Liberati, Valerio Aprea, Pietro Castellitto, Laura Morante Sceneggiatura: Michele Rech, Oscar Glioti, Valerio Mastandrea, Johnny Palomba Fotografia: Gherardo Gossi Montaggio: Roberto Di Tanna Scenografia: Mauro Vanzati Costumi: Francesca Casciello Musica: Giorgio Giampà Suono: Alessandro Bianchi Effetti speciali: 22Dogs