Biennale Cinema 2018 | La Mostra vista dal Mostro: “Roma”, “Driven” e l’Oriente.

roma

Finale di partita. Venerdì 7 e sabato 8 settembre, Lido di Venezia |

Ying | La settima arte è senz’altro da includere nelle aree di confronto fra Cina e Occidente per quanto riguarda l’esibizione delle capacità tecniche e quindi della potenza. Il conto è aperto soprattutto con gli Stati Uniti e Zhang Yimou è uno dei generali in campo. Certo, le sue capacità tecniche sono notevolissime, così come il gusto per la composizione delle immagini e il ritmo della narrazione. Ma in Yimou, a differenza di film cinesi a basso budget visti nelle passate edizioni della Mostra, è esibizione di potenza e basta. Così il film presentato fuori concorso, Ying (L’Ombra) appare una riproposizione di Star Wars, con inserti di fantasmagoriche scene di combattimento di massa tratte dai primi film di James Bond, il tutto ambientato in un fasullo medioevo cinese. Recitazione stereotipata e non stilizzata, i personaggi appaiono venir fuori da un videogioco, impegnati a maneggiare armi inverosimili e a volteggiare con l’aiuto della computer graphic. I riferimenti al taoismo e alle arti marziali sono triviali. Ben diversa la resa artistica di un’altra storia orientale di sosia, Kagemusha – L’ombra del guerriero dì Kurosawa. Il film cinese è una storia di intrighi di corte che non si rifà a Shakespeare ma a Games of Throne. Il sangue abbonda, piove sempre.

Zan | Speculare il giapponese Zan (Killing), ottima recitazione e gran studio della tecnica della spada, nella scia di Kurorosawa. È la storia dell’iniziazione di un giovane aspirante samurai da parte di un esperto maestro. Come in Kurosawa una storia western (I sette samuraiI magnifici sette), con contadini minacciati da feroci banditi. La katana sostituisce la colt nell’affascinare e distruggere i personaggi. I duellanti non volteggiano ma cadono pesantemente al suolo. Violenza e turbamenti sessuali, sangue ce ne è ma non è esibito, piove senza eccessi. Purtroppo il predominio nelle riprese della macchina a mano, in una selva oscura, fa un po’ l’effetto di The Blair Witch Project.

Killers | Ancora assassini nel restaurato Killers di Robert Siodmak, tratto come The killers di Don Siegel da uno stesso racconto di Hemingway. Nella presentazione di Martin Scorsese, che ha supervisionato il restauro, apprendiamo che dallo stesso racconto sono derivati dei saggi di studio di Tarkovskij e dello stesso Scorsese. Tecnica cinematografica molto tradizionale, così come la rilettura del plot di Hemingway. Al centro della narrazione c’è il recupero del malloppo e non interrogativi esistenziali, gli assassinii sono privi di profondità psicologiche e la bellissima Ava Gardner è un po’ limitata come dark lady.

Driven |Il film di chiusura della manifestazione, fuori concorso, ossia Driven di Nick Hamm, è quello che, fra le pellicole odierne, ha più divertito ed entusiasmato il vostro Mostro. Il protagonista è un mascalzone in grado di ingannare e tradire chiunque, trafficanti di cocaina, FBI, il potente vicino di casa, amici e nemici. È estroverso, vulcanico, simpatico, padre affettuoso e marito fedele e inganna quasi sempre dicendo la verità. La sua preda più illustre fu John DeLorean, mago del management della General Motors e poi fondatore di una sua casa automobilistica che produsse solo l’automobile protagonista di Ritorno al futuro e fallì dopo solo due anni. Ultimo di una schiera di imprenditori visionari e disonesti dei quali Hollywood ha narrato “the rise and fall”: Preston Thomas Tucker (Copppola), Howard Hughes (Scorzese), Mark Zuckenberg (Fincher), storie che trovano nel Charles Foster Kane di Welles il loro prototipo narrativo. Prossimamente su questi schermi Elon Musk. Il film non riconosce il contributo di Giugiaro al design della DeLorean DMC-12, tuttavia riesce a rendere con un tono da commedia, erede del Coen’s touch senza spargimento di sangue, il duro e crudele mondo dell’imprenditoria statunitense. Bella e accurata la ricostruzione della California degli anni ‘70, ottima la sceneggiatura.

Roma | Infine il film vincitore del concorso, Roma di Alfonso Cuarón. Un bianco e nero spettacolare, opera dello stesso regista che è anche il direttore della fotografia, ripresa dei suoni eccezionale. Il film registra con un ritmo lento, fluviale, le vicende di una famiglia borghese del quartiere Roma di Città del Messico fra il 1970 e il 1971. Un film privo di plot. Le vicende e gli accadimenti familiari e pubblici di un periodo storico turbolento, subito dopo le Olimpiadi e il massacro degli studenti di Piazza delle Tre Culture, si avvicendano senza sviluppi narrativi, come nella vita. I drammi e le piccole gioie non danno luogo a sviluppi, i maschi possono rivelarsi meschini o fascisti, le donne sono pazienti e sottomesse. Silenziosa testimone degli eventi è Cleo, la servetta indigena, quasi una moderna riproposizione della Félicité di Un cuore semplice di Flaubert. Gran film, premio meritato, finalmente la grande perizia tecnica dei registi messicani al servizio di un’opera originale, lontana dalle costrizioni del cinema commerciale americano ed europeo. Un privilegio averla potuta godere nello splendore del grande schermo, prima che si perda negli schermi angusti di Netflix, come lacrime nella pioggia.

Saluti dal Mostro Marino.

S.T.

ROMA
Regia: Alfonso Cuarón
Produzione: Gabriela Rodríguez, Alfonso Cuarón, Nicolás Celis, Esperanto Filmoj, Participant Media
Durata: 135’
Lingua: spagnolo, mixteco
Paesi: Messico
Interpreti: Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Nancy Garcia, Jorge Antonio, Veronica Garcia, Marco Graf, Daniela Demesa, Carlos Peralta, Diego Cortina Autrey
Sceneggiatura: Alfonso Cuarón
Fotografia: Alfonso Cuarón
Montaggio: Alfonso Cuarón, Adam Gough
Scenografia: Eugenio Caballero
Costumi: Anna Terrazas
Suono: Sergio Díaz, Skip Lievsay, Craig Henighan, José Antonio García
Effetti speciali: Alejandro Vázquez
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