
Lido di Venezia, martedì 7 settembre. La caja | Non è necessaria la schizofrenia per delirare. Un fanciullo che è sulla linea d’ombra fra pubertà e infanzia può perdersi assolvendo per la prima volta ad un compito importante, può vivere sia l’esaltazione per le prove di indipendenza ed esercizio della volontà di potenza, sia l’angoscia che la missione comporta.
Nel film il compito è andare a recuperare i resti mortali del padre emersi da una fossa comune al confine fra Messico e Stati Uniti. Il riconoscimento delirante del padre in un uomo visto dal finestrino dell’autobus sarà il prezzo di questo stato di esaltazione e precipiterà il ragazzo nell’inferno dei trafficanti di braccia e delle maquiladoras. Sono queste le fabbriche dislocate nei pressi del confine dove si assemblano merci per il mercato statunitense, dove lo sfruttamento e la precarietà sono estremi e i conflitti sindacali si risolvono per le spicce. Nella zona di Chihuahua migliaia di operaie scompaiono ogni anno, mentre fioriscono le fosse nel deserto. Finirà con la perdita dell’innocenza e la scoperta del senso di colpa, con il tempo ritrovato, infine, nell’abbraccio con una cassetta di alluminio.
La perdita e la ricerca del padre è uno dei topoi universali delle forme narrative, e un tema ricorrente della produzione di Lorenzo Vigas che con una storia sullo stesso tema vinse il Leone d’oro pochi anni fa. Telemaco, Pinocchio, Siddartha, Antoine Doinel, i protagonisti di The card counter, i molti figli non riconosciuti di Eduardo Scarpetta…
È l’Edipo, bellezza. Quello che si impara da un film come questo è che l’aspetto sessuale ha un ruolo quanto mai limitato in queste vicende. Non è l’urgenza dell’accoppiamento e quindi della generazione ad aprire un nuovo, esaltante e orrifico, orizzonte esperienziale. Sulla linea d’ombra il ragazzo scopre la volontà di potenza, la possibilità di essere violento, il senso di colpa. Che dire? Un’opera perfetta, messa in scena e script scarni e rigorosi, nessun cedimento a trucchi visivi o a dialoghi strappalacrime, ritmi narrativi esatti. Come Antoine Doinel sulla spiaggia, Hatzin evade dall’orrore correndo via, ma su una distesa di neve. Un’immagine potente in grado di sconvolgere lo spettatore e degna di rimanere nella storia del cinema.
S.M. alias Il Mostro Marino
Biennale Cinema | Venezia 78 Concorso LA CAJA Regia: Lorenzo Vigas Produzione: Teorema (Lorenzo Vigas, Michel Franco, Jorge Hernández Aldana), SK Global Entertainment (Michael Hogan), Labodigital (Charles Barthe) Durata: 92’ Lingua: Spagnolo Paesi: Messico, Usa Interpreti: Hernán Mendoza, Hatzín Navarrete, Elián González, Cristina Zulueta, Dulce Alexa Alfaro, Graciela Beltrán Sceneggiatura: Lorenzo Vigas Fotografia: Sergio Armstrong Montaggio: Isabela Monteiro de Castro, Pablo Barbieri Scenografia: Daniela Schneider Costumi: Úrsula Schneider Suono: Waldir Xavier Effetti visivi: Diego Vazquez Lozano